IL METODO

Il modello terapeutico utilizzato è di tipo Cognitivo Costruttivista.

Questo modello non punta esclusivamente ad eliminare il sintomo portato dal paziente, ma si propone di promuovere un cambiamento complessivo nella persona, aiutandola a trovare un nuovo stato di equilibrio.

Il sintomo non viene considerato come il “bersaglio” diretto del lavoro terapeutico poichè occuparsi esclusivamente di eliminare i sintomi (senza comprendere perchè esiste, che funzione ha, ecc.) non garantisce che questo non si ripresenti in futuro, o che non si sposti su una nuova forma di sintomatologia (per fare un esempio: limitarsi ad eliminare la dipendenza da alcool, non garantisce che in futuro il soggetto non ricada nella dipendenza, o che non sposti la propria dipendenza su altre sostanze).

Eliminare un sintomo senza comprendere la cornice all'interno della quale si è sviluppato, senza dargli un significato, senza comprenderne la funzione, equivale a togliere la frutta marcia da un'albero senza prendersi cura della pianta.

La sintomatologia, nonostante comporti dolore e sofferenza per il paziente, viene vista come il modo migliore che una persona è riuscita a trovare per mantenere il proprio equilibrio interiore, per muoversi nel mondo, e per controllare gli eventi che si possono presentare.

In quest'ottica il disturbo portato dal paziente non è visto come una malattia, ma solo come il modo "migliore" che l'individuo ha trovato per sopravvivere nel mondo, una sorta di strategia di sopravvivenza che per qualche motivo non funziona più. Non esiste dunque il giusto e lo sbagliato, il vero o il falso, e di conseguenza il terapeuta non può imporsi al paziente fornendogli a priori una visione alternativa del mondo migliore della sua.

Questo concetto è descritto molto bene dalla metafora proposta da Kelly (1955) dell'uomo come scienziato. In questa metafora la terapia è vista come una ricerca scientifica a cui collaborano paziente e terapeuta. Nonostante l'obiettivo sia lo stesso (il cambiamento e il benessere del paziente), i due ricoprono due ruoli ben distinti:

  • il paziente è l'esperto rispetto alla ricerca che stanno eseguendo (poichè è l'unico a conoscere la propria storia di vita, le proprie esperienze, ciò che ha dentro);
  • il terapeuta è l'esperto rispetto al metodo utilizzato (il suo compito è pertanto quello di suggerire gli strumenti, le procedure e i tempi per portare avanti l’intero processo).

L’obiettivo del terapeuta diventa quindi, in primo luogo, quello di comprendere il paziente nella sua interezza (passato e presente, come le esperienze del passato influenzano il modo in cui il soggetto vive e da significato al presente). A questo fine la terapia viene condotta utilizzando:

  • tecniche conversazionali (strutturando la conversazione in base agli obiettivi momentanei della seduta in corso);
  • procedure esperienziali (tecniche di rilassamento, sogni guidati);
  • tecniche immaginative (volte a favorire una presa di contatto del paziente con la propria esperienza corporea e con le proprie emozioni).

Infine una particolare importanza è data dalla relazione terapeutica, considerata come il principale strumento di cambiamento.

Il terapeuta infatti, in quanto persona alla quale il paziente si rivolge in un momento di particolare difficoltà della sua vita, può rappresentare un'importante figura di attaccamento rispetto alla quale il paziente tenderà a riproporre e rivivere lo stile e le dinamiche delle relazioni con le sue figure di attaccamento (genitori, nonni, persone importanti che hanno segnato la vita del paziente).

Il setting terapeutico può divenire così, per il paziente, il “luogo” nel quale è possibile rivivere e fare nuove esperienze relazionali che permettano di rivedere e ricontestualizzare elementi del proprio passato, integrandoli nella propria immagine di sé nel presente e in un possibile futuro.